di Arianna Ferraudo

Quante volte diamo un connotato negativo a questa parola?

Amante.

Non è assurdo? Pensiamoci un secondo: “amante” significa “che sta amando”, “nell’atto di amare”.
Eppure nella nostra quotidianità questo participio presente è stato associato ad un concetto lontano dall’amare davvero. O forse è perché ci siamo allontanati noi, come umanità, dall’amore più puro. E ne abbiamo fatto un dovere e basta: invece dell’”amare” ne abbiamo bisogno.

Amo collegare questa riflessione all’arte, alle professioni che hanno a che fare con la creatività. Perché per mia esperienza diretta tutte queste hanno a che fare con l’amore, più che con il dovere. E dell’amore, dell’amarsi e dell’amare, secondo me, hanno tutte le caratteristiche. Magari in questo momento non vedete il nesso. E allora per mostrarvelo voglio concentrarmi sulla passione legata a microfoni, mixer e cuffie: quella collegata con un jack alle nostre schede audio, oppure ai nostri tavoli da missaggio, che però passa direttamente da cuore e anima.

Mi sapete dire perché spostiamo video call, aperitivi e mezze uscite per stare davanti ad un microfono, con le cuffie o cuffiette del telefono, a raccontare banalmente ad uno schermo quello che ci fa muovere dentro? Oppure, perché immoliamo il sacro weekend di massa rinunciando alla TV, ad una pizza o un arrosto, accanto a famiglia, amici pelosi e affini, e ci sciroppiamo prove, corsi, fogli di Word bianchi o pagine di quaderno vuote per appuntarci tracce e informazioni da dare in frazioni di secondo? E perché ci segnamo date, nomi, notizie divertenti o interessanti? Oppure ci prendiamo nota di sbuffi di colore e di audio che magari ci passano nella playlist e che dobbiamo assolutamente andare a riascoltare perché potrebbe essere un bellissimo collegamento per il prossimo talk. Ah, e già che ci siamo, anche quella notizia letta su Instagram o ascoltata per caso in quel documentario di mezzanotte (perché noi di solito queste cose le dobbiamo fare quando non facciamo il resto: e chi dorme più?).

Dai che lo vedo: foglietti volanti, quadernetti dai colori improbabili sempre appresso che puntualmente finiscono stropicciati in tasca, nella borsa, nello zaino. Documenti sul telefono scritti a caso perché il correttore sbaglia sempre e confonde con solennità nomi di autori, musicisti e parolieri, che corriamo a verificare per non confonderci. Note vocali registrate in mezzo a una passeggiata o in macchina perché mentre ascoltavamo il brano da recensire ci è venuto proprio lì in mezzo un pensiero da Kaboom! Che state pur certi, scivolerà via come acqua tra le dita se non lo immortaleremo lì così, senza pietà, col sottofondo del mondo che ci scorre attorno agli auricolari e che, puntualmente, non capisce, e ci dice che siamo matti o ci guarda strano.

Perché diciamocelo: in faccia abbiamo l’espressione ebete del bimbo o della bimba felici. E cos’è questo, se non un innamoramento folle e totalizzante? Qualcosa senza il quale non si vive. Magari, senza si sopravvive, ma non di più. Qualcosa che ci spinge a cercare di essere migliori, sconfiggere paturnie personali, fare balzi avanti strepitosi ed esplorare parti di noi stessi.

E’ amore. L’amante.

Qualcosa che ci fa salire il magone perché “chissà se sarò all’altezza?” (e se ne parte un’altra notte di sonno, ciao).
Qualcosa che ci porta a chiuderci in doccia per quarantasette minuti di acqua calda chiedendosi “Ma chi me lo fa fare? Chi??”, e questo vale per chi non ha il boiler, eh, perché altrimenti al minuto otto la temperatura vira al siberiano e allora in quel caso ci si raggomitola nell’asciugamano freddino a farsi le stesse domande, che immagine orribile.
Insomma, vette squisite di assoluta felicità pura accanto alle più nere, buie e umide riflessioni che hanno il sapore di acqua salata.
Con la disciplina in mezzo, non dimentichiamola. Perché senza disciplinarsi almeno un minimo non si va in nessuna direzione.

Questo succede quando si ama. E si ama per davvero. Con la folle costanza di chi crea dal niente, come un fagiolo bianco che germoglia andando nella direzione opposta alla gravità.
E quindi? Io direi che siamo tutti innamorati. Persi. Andati. Fregati. Abbiamo l’amante. Non solo per noi, perché l’amore vero non è mai a senso unico, ma anche per chi ne ha bisogno e non lo ammetterà mai, e forse ci passa indifferente accanto agli auricolari: ma poi gira una manopola, schiaccia un tasto, accende una tv, passa in una metropolitana, ascolta il risultato di qualche microfono sparso e, magari, si fa il primo vero sorriso della giornata, in un’ora troppo chiara di una mattinata nuvolosa.