di Fabio Polvani

So dove siete stati. Conosco le destinazioni di tutti i vostri viaggi. Avete iniziato da Sheffield rovistando sotto la gonna di Roisin Murphy. Vi siete spostati in Islanda a cercare l’ispirazione sotto i ghiacci, ma gli elfi vi hanno rispedito al mittente. Poi siete arrivati nel Brandeburgo, dove tra un dj-set di AGF o di Ellen Allien siete riusciti solo a prendervi l’ennesima sbronza. Nessun periodo berlinese per voi, nessun segno di David Bowie al Kadewe. Persino Patty Pravo aveva fatto di meglio. Mossi da frenesia avete comprato un biglietto per Los Angeles, ma Billie Eilish non vi ha fatto entrare in città.

Ammiro la vostra costanza, credetemi, la curiosità con cui cercate sempre mondi nuovi a cui appartenere. A volte però basta guardarsi sotto il naso per trovare l’Eldorado.

Exwyfe è il progetto di Emanuele Ferretti, musicista e pittore reggiano cresciuto nel fermento underground della sua regione e da diversi anni residente sotto la Madonnina. Un trasferimento sofferto; ci dice: “Quando venni a Milano trovai un mondo bellissimo ma complicato. Arrivavano mille input che mi chiedevano di cambiare, di crescere, di svezzarmi e fare i conti con una realtà più rigida. La musica forse è rimasto l’unico luogo dove potevo continuare a ragionare come un ragazzino, pieno di impulsi sinceri, staccati da tutto. Ora vedo la città nello stesso modo di prima ma con il fascino di chi adora guardarla e scoprirla, e con la rabbia di chi vede quante dinamiche orrende legate a interessi ci siano anche in un luogo che pensa di essere così avanti”.


BUTTER“, il suo album d’esordio uscito nel novembre scorso per Cane nero Dischi, trasuda questo tipo di milanesità a ogni battito. Stiamo parlando di architettura del suono: Emanuele costruisce palazzi molto articolati, pieni di stanze dei bottoni e passaggi segreti. Come in una versione moderna di “Second life”, pixel dopo pixel, ci porta a scoprire un mondo che abbiamo sempre avuto sotto casa ma che non abbiamo mai imparato ad apprezzare. Un mondo duro, umido, che richiede rigore e severità e concede pochissimo spazio all’improvvisazione, che trova sempre il modo di toglierti quello che ti dà.

“Lavorare a Butter è stato un accumulo di stati d’animo, tutto fatto in un mondo di ascolti e rielaborazioni. Una vita fatta di routine che provava a riscattarsi ricomponendo immagini accumulate nel tempo. Credo sia spesso così, per chi è alle prese con un primo disco”.

E allora com’è questo Butter? Dimenticatevi le etichette. C’è dell’elettronica, un uso massiccio di synth, qualche lontano eco di hip-hop.

Innanzitutto, dotatevi di un buon paio di cuffie: la cura e l’amore con cui Emanuele sceglie i suoni rasentano il parossismo. Allontanate ogni velleità di pop commerciale: appena la strada si fa più “catchy” Butter vira verso lidi sassosi.

In Watching glass Emanuele mescola i materiali: questo brano è la Creazione di Adamo, è Dio che sistema sul tavolo gli elementi con cui costruirà il mondo a sua immagine e somiglianza.

Skinny dog è ciò che di più infectious vi troverete a sentire in questo disco: la melodia non ti si leva dalle orecchie. E anche Microphones e Holidays sono dotate di quella potenza sufficiente per tirare giù la sala da ballo, cosa che poi effettivamente avviente con Terrorist in love.

The pic that you sent me inserisce elementi architettonici orientali in un palazzo che sta già prendendo una forma insolita.

Schoolgirl è follia pura: la frenesia della città, dei grattacieli in continua evoluzione, delle luci intermittenti poste sui palazzi per evitare gli scontri aerei. È la carta più milanese del mazzo. Non a caso è seguita da Attack of lovers, che trasporta lo shock architettonico all’interno del corpo, muovendo le corde dell’inconscio.

Il disco si chiude non a caso con The buildings, altro riempipista mentale che farà percepire il vostro cervello come un monolocale troppo affollato, un assembramento di gente di tutti i tipi che non sa perché si ritrova lì a bere, ballare, fumare. Tutti uniti dall’anonimità, volti senza occhi.

Butter è un disco solo apparentemente ostico, difficilmente catalogabile; questa è la sua forza principale. Il panorama musicale mondiale non è mai stato così in crisi; personaggi come Emanuele aka Exwyfe piovono come manna dal cielo e ci insegnano che ci si può mettere in gioco con tutti sé stessi senza scendere a compromessi con la discografia disattenta.

Ci si può dipingere un autoritratto con i pennelli ma anche con i bpm. Ecco: Butter è un audio-ritratto. Talmente vivido che ti viene voglia di morderlo.